ALLUCE RIGIDO
“L’Alluce e’ la parte piu’ evoluta del nostro corpo. Rispetto al pollice opponibile che non sta mai fermo e cerca sempre di stringere qualcosa , l’Alluce e’ un filosofo che ha abdicato a ogni forma di possesso e si gode la vita”. (Fabrizio Caramagna)
ALLUCE RIGIDO: INTRODUZIONE
ALLUCE RIGIDO: DIAGNOSI
Una semplice radiografia associata all’esame clinico ci permette di formulare la diagnosi di alluce rigido. Tanto più precoce sarà la diagnosi, tanto più agevole sarà la cura. Lo specialista valuterà consultando le radiografie, la presenza di osteofiti e la quantita’ di cartilagine consumata, e constaterà l’ampiezza del movimento articolare residuo accompagnato o meno da dolore per poter classificare la patologia ed instaurare un piano terapeutico adeguato.
Nelle fasi iniziali (Stadio I),la presenza di un osteofita laterale , anche chiamato spina di Valenti, rappresenta un segno precoce di tale affezione che può essere presente anche senza sintomatologia dolorosa, e senza riduzione dello spessore cartilagineo che e’ pertanto importante individuare per iniziare delle terapie conservative che rallentino la degenerazione articolare.
- Alluce rigido Stadio I
- Alluce rigido Stadio I
Nella fase successiva , (stadio II) all’osteofita laterale si aggiunge quello dorsale e la testa metatarsale inizia a deformarsi appiattendosi con segni di sclerosi subcondrale e alterazione dell’interlinea articolare.
- Alluce rigido Stadio II
- Alluce rigido Stadio II
Nello stadio III oltre a un evidente osteofita dorsale e laterale, la cartilagine articolare e’ compromessa e lo spazio articolare e’ ridotto di oltre un quarto.
- Alluce rigido Stadio III
- Alluce rigido Stadio III
Nello stadio IV la superfice articolare e’ completamente distrutta e le superfici ossee sono a contatto tra loro, con movimento articolare assente o minimo e doloroso.
- Alluce rigido Stadio IV
- Alluce rigido Stadio IV
ALLUCE RIGIDO: ESAME CLINICO
E’ fondamentale per l’inquadramento e la stadiazione dell’affezione.
Durante la visita lo specialista potrà apprezzare ’ l’atteggiamento dell’alluce , la sua lunghezza , la presenza e l’entità dell’ osteofitosi dorsale e se essa determina impingment , cioè il blocco meccanico della dorsiflessione che quasi sempre e’ accompagnato da rumore di scroscio articolare e dolore.
Potrà valutare mobilizzando passivamente l’alluce l’ampiezza dell’escursione articolare residua e a quali gradi dell’escursione compare dolore. Apprezzerà la presenza o meno di una retrazione della fascia plantare e dei tendini flessori valutando quanto essi incidano sulla limitazione del movimento dell’alluce.
Osservando camminare il paziente valuterà inoltre se l’affezione determina l’alterazione del normale schema deambulatorio, obbligando il paziente in supinazione forzata che favorisce la formazione di sovraccarichi metatarsali e di neuroma di Morton a livello del terzo spazio intermetatarsale.
Confrontando tali dati con la radiografia potrà quindi formulare un valido piano terapeutico ,quasi sempre conservativo nel primo stadio, chirurgico in quelli successivi.
ALLUCE RIGIDO: IL TRATTAMENTO CHIRURGICO
Rappresenta l’unico modo per risolvere effettivamente il problema. Il carattere progressivo di tale affezione porta al lento peggioramento della situazione articolare con un’ingravescenza della sintomatologia che giungerà a manifestarsi con dolore prima durante l’attività sportiva poi semplicemente camminando.
bene però intervenire precocemente possibilmente nel secondo stadio , per decomprimere l’articolazione e rimuovere gli osteofiti dorsali, in modo da preservare lo spessore cartilagineo che come sappiamo non può essere ricreato in alcun modo.
Diverse sono le tecniche utilizzate nella cura dell’alluce rigido.
Non utilizziamo mai tecniche percutanee pur essendo noi tra i principali utilizzatori di tale metodica nell’alluce valgo, in quanto non riusciamo a rimodellare perfettamente la testa metatarsale e soprattutto in quanto i residui di osso generati da questa tecnica incrementano la tendenza fibrotica della capsula articolare peggiorando la rigidità invece che migliorarla,
- Cheilectomia dorsale, utilizzata nelle fasi più precoci ,quando la cartilagine articolare non e’ ancora particolarmente assottigliata e consiste nella semplice rimozione degli osteofiti dorsali che impediscono la dorsiflessione.
- Osteotomie metatarsali che consentono di ricentrare e decomprimere l’articolazione. Tra queste l’osteotomia di Youngswick e’ quella da noi più usata per la sua azione di arretramento e plantarizzazione della testa metatarsale , che ripristinando la congruità articolare mantiene e incrementa la flessibilita dell’alluce ed elimina il dolore legato all’impingment dorsale
- Interposizione di impianti e spaziatori al silicone, i cui nuovi modelli (cartiva) non hanno pero’ ancora un follow-up sufficiente per utilizzarli in sicurezza
- Protesi o emi protesi articolari, con tassi di insuccesso troppo elevati.
- Artrodesi metatarso falangea, personalmente utilizzata solo in casi estremi per il sacrificio della motilità e l’accorciamento dell’alluce che comporta.