PATOLOGIE DELLA CAVIGLIA
INTRODUZIONE ALLE PATOLOGIE DELLA CAVIGLIA
L’articolazione tibio tarsica è la più importante, “la regina”, di tutto il complesso articolare del retropiede
Normalmente il piede è perpendicolare all’asse della gamba.
L’articolazione tibio tarsica permette il movimento di flessione dorsale della caviglia, che ravvicina il dorso del piede alla faccia anteriore della gamba e il movimento di estensione che al contrario allontana il dorso del piede dalla gamba mentre il piede tende a disporsi nel suo prolungamento.
Tali movimenti avvengono intorno ad un asse trasversale (xx�) che passa attraverso i due malleoli e condiziona i movimenti di flesso estensione del piede che avvengono nel piano sagittale.
Da un punto di vista meccanico possiamo paragonare tale articolazione ad una troclea, costituita da una parte inferiore a forma di cilindro pieno, corrispondente alla puleggia dell’astragalo, incastrata in un segmento di cilindro cavo, corrispondente all’estremità inferiore della tibia e del perone (mortaio tibiale).
Tale conformazione, insieme da un robusto sistema legamentoso, diviso in complesso legamentoso laterale e mediale, conferiscono all’articolazione particolare stabilità, fondamentale per la sua funzione di mantenimento della stazione eretta e di deambulazione sia che avvenga su terreno piano o su terreno accidentato.


LESIONI OSTEO-CARTILLAGINEE DELLA CAVIGLIA
Si tratta di lesioni della cartilagine della caviglia spesso di origine post-traumatica, che interessano quasi sempre la superficie articolare dell’astragalo. Vengono classificate in base alla loro localizzazione ma soprattutto secondo la loro gravità in 4 gradi :
Lesioni di primo grado in cui è presente una semplice contusione cartilaginea con lieve incrinatura senza interruzione della superfice cartilaginea
Lesioni di secondo grado in cui è presente una semplice contusione cartilaginea con lieve incrinatura senza interruzione della superfice cartilaginea
Lesioni di secondo grado in cui l’interruzione è completa ma senza dislocazione del frammento
Lesioni di 4 grado lesione completa con dislocazione del frammento
Al di sotto della cartilagine a livello dell’osso subcondrale è presente una cisti ossea in collegamento con la lesione della cartilagine.
TRATTAMENTO
Le lesioni di primo e secondo grado hanno un’evoluzione benigna, sono solitamente asintomatiche e non necessitano di trattamento
Quelle di terzo e quarto grado sono sintomatiche e necessitano di trattamento chirurgico.
La maggior parte, tranne le lesioni massive, vengono trattate per via artroscopica mediante accesso anteriore o posteriore a seconda della loro localizzazione.
Il trattamento di elezione consiste nel praticare delle microfratture a livello del pavimento osseo della lesione (bone marrow stimulation), con un apposito punteruolo.
Questo procedimento stimola un processo riparativo per l’attivazione di cellule ematiche e mesenchimali presenti nel midollo osseo sottostante,che porta alla formazione di un tessuto di riparazione fibroso, che colma la lacuna cartilaginea con remissione della sintomatologia nell’80 per cento dei casi. A volte è utile potenziare questo effetto aggiungendo del gel piastrinico o innesti di grasso addominale anch’esso ricco di cellule pluripotenti.
POST-OPERATORIO
Il recupero post-operatorio è veloce, e prevede un tutore e scarico parziale per due settimane, seguito da un periodo di fisioterapia per recuperare la piena motilità articolare e potenziare la muscolatura circostante.
Nelle lesioni più grandi di 2,5 cm è indicato invece il trapianto osteocondrale mediante innesto di cartilagine prelevato in altra sede.
SINDROME DA IMPINGMENT
Si tratta di sindromi dolorose della parte anteriore o piu raramente posteriore della caviglia che compaiono quando ad ogni movimento articolare due strutture fibrose oppure scheletriche entrano in conflitto tra loro urtando ripetutamente.
Nelle sindromi da impingment fibrose La causa è frequentemente post-traumatica. A seguito di ripetuti episodi distorsivi la capsula articolare si ipertrofizza dando vita ad una sinovite localizzata, che con il tempo si trasforma in una struttura fibrotica occupante spazio, che ostacola il normale movimento articolare, e procura dolore al paziente.
Nelle sindromi da impingment scheletriche, il conflitto è invece creato dalla neoformazione di spine ossee, o osteofiti osteo-cartilaginei che si formano per microtraumi ripetuti, che comportano anch’essi dolore e limitazione della normale escursione articolare, specie in flessione dorsale, con ripetuti episodi di versamento articolare.
La sindrome da impingment anteriore, in cui il conflitto è provocato dalla flessione dorsale del piede che mette a contatto tra loro schiacciandole le strutture patologiche è la più frequente.
si distingue a seconda del lato in cui è presente il conflitto in impingment antero-laterale, all’angolo tra malleolo esterno e caviglia e impingment mediale, accanto al malleolo interno.
Nella sindrome da impingment posteriore al contrario il dolore è presente dietro alla caviglia, accentuato dall’estensione della caviglia che mette in conflitto la porzione posteriore dell’astragalo con tendini e legamenti o un osso soprannumerario (os trigonum) contro il malleolo tibiale posteriore, tipica patologia dei ballerini o degli sportivi che praticano attività con movimenti ripetuti sulle punte.
Diagnosi
è clinica e strumentale.
La tac e l’indagine radiografica in specifiche proiezioni evidenziano molto accuratamente le lesioni scheletriche mentre la risonanza magneticaevidenzia le lesioni fibrose.
TRATTAMENTO
Sempre inizialmente CONSERVATIVO.
Consiste in infiltrazioni di acido ialuronico e gel piastrinico, oltre a fisioterapia specifica.
Nei casi resistenti alla terapia conservativa è indicata la SOLUZIONE CHIRURGICA, che consiste nell’asportare per via artroscopica con appositi strumenti, le strutture patologiche, in questo caso l’osteofita tibiale anteriore.
Il recupero è immediato, da subito il paziente percepisce l’escursione articolare piu fluida e senza dolore per l’avvenuta rimozione meccanica del problema.
La deambulazione e il carico vengono concessi immediatamente, l’attività sportiva può essere ripresa dopo 20 giorni circa.


ESAME CLINICO
Sono la conseguenza di traumi distorsivi della caviglia di notevole entità.
Quando un legamento viene forzato oltre il suo range di resistenza ed elasticità, le sue fibre rimangono danneggiate.
Riconosciamo tre gradi di lesione
• Grado 1
stiramento delle fibre senza lesione delle fibre collagene
• Grado 2
Lesione Parziale
Con lesione completa di alcune ma non di tutte le fibre collagene del legamento
• Grado 3
Lesione completa del legamento.
I legamenti che più frequentemente si rompono sono quelli del compartimento legamentoso laterale. Possono essere interessati o insieme o singolarmente più rara la lesione del compartimento interno della caviglia.
Conseguenze cliniche
La rottura completa di uno o più legamenti della caviglia comporta una lassità capsulo legamentosa che viene avvertita come sensazione di instabilità articolare e dolore.
Inoltre l’anomala congruenza dei capi articolari genera movimenti anomali delle osssa della caviglia che possono causare lesioni osteocondrali e precoce degenerazione artrosica
La diagnosi è clinica e strumentale:
Lo specialista verificherà la presenza o meno di lassità capsulo-legamentosa che può essere evidenziata mediante apposite manovre in particolare quella del cassetto anteriore e quella dello stress in varo.
Il sospetto diagnostico deve essere poi supportato da indagini strumentali prime fra tutte la risonanza magnetica in grado di evidenziare le strutture interessate e il grado di lesione.
Trattamento
Nelle lesioni acute di grado I e II il trattamento è conservativo.
Consiste nell’immobilizzazione con gesso o tutori in modo da permettere la cicatrizzazione spontanea dei legamenti parzialmente lesionati, seguita da fisioterapia per il ripristino dell’escursione articolare e la riattivazione propriocettiva.
Nelle lesioni di grado III in fase acuta o in caso di instabilità o dolore persistente malgrado mesi di riabilitazione e trattamenti conservativi, il trattamento è chirurgico.
Vi sono due tipi di trattamento:
La riparazione anatomica, che consiste nella ricostruzione legamentosa mediante riparazione dei residui dei legamenti lesionati. (tecnica di Brostrom ) , poco invasiva e di facile esecuzione. Sicuramente la più utilizzata.
Quando invece non vi sono residui sufficenti di legamento o in caso di grosse lassità articolari e di lesioni di vecchia data è necessario allora ricorrere alla ricostruzione non anatomica, utilizzando trapianti tendinei, come il semitendinoso prelevato dal ginocchio, che vengono trasposti e applicati come neo legamenti passati attraverso tunnel ossei accuratamente preparati, e ancorati nella posizione originaria dei legamenti mancanti.
DISFUNZIONE TIBIALE POSTERIORE
La Volta plantare è un insieme architettonico che associa armoniosamente gli elementi osteo articolari, legamentosi e muscolari del piede. Potendo variare la curvatura ed in virtù della sua elasticità, la volta può adattarsi a tutte le asperità del terreno e trasmettere al suolo le sollecitazioni ed il peso del corpo nelle migliori condizioni meccaniche a seconda delle diverse situazioni. Ha un ruolo ammortizzante indispensabile per rendere agile il cammino. I problemi che esagerano o diminuiscono le sue curve alterano gravemente l’appoggio al suolo e si fanno risentire obbligatoriamente durante la corsa e la deambulazione, o nella semplice stazione eretta.
Tra tali problemi la disfunzione del Tibiale posteriore, tendine per eccellenza “guardiano della volta”, è senza dubbio il più importante e più comune. Quando tale tendine si infiamma e degenera può rompersi parzialmente o del tutto, perdendo la sua funzione meccanica di sostegno con conseguente appiattimento graduale o improvviso della volta plantare.
La maggior parte dei pazienti può essere trattata in modo conservativo senza ricorrere alla chirurgia, usando fisioterapia plantari e tutori. Quando questo trattamento fallisce o la deformità è molto strutturata allora è utile ricorrere alla chirurgia.
Anatomia
Il tendine del muscolo tibiale posteriore è uno dei tendini più importanti della gamba. Connette i muscoli della gamba alle ossa all’interno del piede. La funzione principale è quella di mantenere l’arco plantare interno e sostenerlo durante la deambulazione.
Cause
Una lesione acuta, come una caduta o un trauma distorsivo può danneggiare il tendine del tibiale posteriore o causarne l’infiammazione. Più frequente però è la disfunzione da sovraccarico funzionale, come in caso di pazienti affetti da piede piatto specie se in sovrappeso, o in atleti di sport comportanti ripetuti traumi da impatto come calcio, tennis e basket. Si riscontra più frequentemente nelle donne ed in pazienti con più di quarant’anni di età. Obesità, diabete ed ipertensione costituiscono inoltre fattori di rischio aggiuntivi.
Sintomi
– Dolore lungo la parte interna della caviglia e del piede, associato spesso a tumefazione, in corrispondenza del decorso del tendine. Il dolore peggiora con l’attività. Camminare o stare in piedi per periodi prolungati risulta molto difficoltoso così come praticare sport. In caso di appiattimento del piede è frequente riscontrare dolore anche all’esterno della caviglia a causa dell’iper pressione esercitata dal calcagno ruotato in valgo sull’esterno della caviglia.
– Appiattimento della volta e modifica della forma del piede.
– Osservando il paziente da dietro avremo la comparsa del cosiddetto segno “delle troppe dita”. In condizioni di normalità è visibile soltanto il quinto dito e metà del quarto mentre nel piede piatto divengono visibili più dita a causa della dislocazione del calcagno all’esterno della gamba.
– Diminuzione della flessibilità della caviglia specie della dorsiflessione a causa della contrattura dei muscoli della gamba.
– Diminuzione della forza dei muscoli della caviglia evidenziabile obiettivamente dall’impossibilità a sollevarsi sulle punte su un piede solo.
INDAGINI STRUMENTALI
La diagnosi clinica deve essere sempre supportata dalle indagini strumentali.
L’esame radiografico evidenzia l’appiattimento della volta plantare visibile mediante l’inversione della linea di Meary, oltre all’eventuale presenza di segni di degenerazione artrosica.
La risonanza magnetica offre informazioni dettagliate sui tessuti , evidenziando i vari stadi di lesione del tendine tibiale posteriore, dal disomogeneo aumento di spessore segno di sofferenza degenerativa, all’interruzione della sua continuità per lesione completa.
Tac ed ecografia possono aggiungere informazioni dettagliate sullo stato artrosico delle ossa la prima e sullo stato dei tendini la seconda.
TRATTAMENTO CONSERVATIVO
La prima cosa da fare per un tendine sofferente è quella di metterlo a riposo mediante uno scarico funzionale.
Questo si può fare con un plantare progettato accuratamente in modo da supportare l’arco plantare interno o immobilizzandolo totalmente o parzialmente con dei tutori, oltre a programmare la diminuzione dell’attività sportiva e quotidiana del paziente.
Utili i vari tipi di fisioterapia, ma soprattutto la terapia infiltrativa specie di fattori di crescita palsmatici prelevati dal sangue o di grasso autologo prelevato con una piccola cannula da lipoaspirazione dall’addome nei casi più gravi e resistenti.
TRATTAMENTO CHIRURGICO
Il trattamento chirurgico deve essere preso in considerazione in caso di fallimento della terapia conservativa quando il dolore non migliora dopo sei mesi di trattamento appropriato.
Molti sono i trattamenti possibili e vanno valutati a seconda delle condizioni presenti.
Lo scopo è quello di risolvere il dolore e dove presente correggere la deformità.
A questo scopo personalmente utilizziamo molto spesso una procedura poco invasiva, consistente nella riparazione della lesione tendinea mediante una piccola incisione interna sulla porzione di tendine danneggiato in modo da suturarlo e sbrigliarlo dal tessuto degenerato, associata alla correzione della deformità tramite artrorisi dell’articolazione sottoastragalica, che consiste nel bloccare lo scivolamento interno dell’astragalo sul calcagno introducendo nello spazio tra le due ossa una vite in titanio progettata a tale scopo, mediante un piccolissimo foro all’esterno del piede.
Tale procedura ha il vantaggio di essere poco invasiva e di avere un tempo di convalescenza ridotto non essendoci consolidazioni scheletriche da attendere.
Quando invece è presente artrosi e la deformità è rigida e strutturata allora si deve ricorrere all’artrodesi, cioè alla fusione in posizione corretta dell’astragalo sul calcagno, con l’aggiunta spesso di innesti ossei per correggere l’eccessiva pronazione presente.


LESIONE DEI TENDINI PERONIERI
Rappresenta l’unico modo per risolvere effettivamente il problema. Il carattere progressivo di tale affezione porta al lento peggioramento della situazione articolare con un‘ingravescenza della sintomatologia che giungerà a manifestarsi con dolore prima durante l’attività sportiva poi semplicemente camminando.
E’ bene pero’ intervenire precocemente possibilmente nel secondo stadio , per decomprimere l’articolazione e rimuovere gli osteofiti dorsali, in modo da preservare lo spessore cartilagineo che come sappiamo non può essere ricreato in alcun modo.
Diverse sono le tecniche utilizzate nella cura dell’alluce rigido.
Non utilizziamo mai tecniche percutanee pur essendo noi tra i principali utilizzatori di tale metodica nell’alluce valgo, in quanto non riusciamo a rimodellare perfettamente la testa metatarsale e soprattutto in quanto i residui di osso generati da questa tecnica incrementano la tendenza fibrotica della capsula articolare peggiorando la rigidità invece che migliorarla,
– Cheilectomia dorsale, utilizzata nelle fasi più precoci ,quando la cartilagine articolare non e’ ancora particolarmente assottigliata e consiste nella semplice rimozione degli osteofiti dorsali che impediscono la dorsiflessione.
– Osteotomie metatarsali che consentono di ricentrare e decomprimere l’articolazione.
Tra queste l’osteotomia di Youngswick e’ quella da noi più usata per la sua azione di arretramento e plantarizzazione della testa metatarsale, che ripristinando la congruità articolare mantiene e incrementa la flessibilità dell’alluce ed elimina il dolore legato all’impingment dorsale.
– Interposizione di impianti e spaziatori al silicone, i cui nuovi modelli (cartiva) non hanno pero’ ancora un folllow-up sufficiente per utilizzarli in sicurezza
– Protesi o emi protesi articolari, con tassi di insuccesso troppo elevati.
– Artrodesi metatarso falangea, personalmente utilizzata solo in casi estremi per il sacrificio della motilità e l’accorciamento dell’alluce che comporta.

ARTROSI DELLA CAVIGLIA
L’artrosi di caviglia rappresenta una condizione molto penosa ed invalidante, CHE INFLUENZA NEGATIVAMENTE LA QUALITA’ DI VITA dei molti pazienti che ne sono affetti.
La caviglia è l’articolazione del nostro corpo che sopporta il maggior peso corporeo ed anche la più soggetta a traumi rispetto alle altre.
Lo spessore della sua cartilagine è esiguo, 1- 2 mm rispetto i 6-8 mm dell’articolazione dell’anca e del ginocchio.
Distinguiamo tre tipi di artrosi della caviglia
artrosi post- traumatica la più frequente, costituisce l’80% dei casi , conseguenza di fratture che hanno causato incongruenza o disallineamento articolare, che con il tempo hanno portato all’usura meccanica del rivestimento cartilagineo.
artrosi su base reumatica-infiammatoria, 10 %
in cui l’articolazione è danneggiata da processi infiammatori specifici come nel caso dell’artrite reumatoide, fino alla completa distruzione delle cartilagini.
artrosi primaria 10 percento su base idiopatica
9 volte più rara rispetto all’artrosi di ginocchio e d’anca, a lenta evoluzione, caratterizzata dalla produzione di osteofiti ed formazioni cistiche subcondrali
Sintomi
Dolore
Zoppia
Rigidità articolare
Tumefazione e Arrossamento cutaneo
Episodi di versamento articolare
Trattamento conservativo:
perdita di peso
uso di calzature con suola convessa
tutori e plantari
terapia medica con glucosamina
terapia infiltrativa con acido ialuronico, fattori di crescita plasmatici
nuovo trattamento con infiltrazioni di grasso, lipogem.
Trattamento chirurgico
Toilette artroscopica, praticabile nelle fase iniziali per rimuovere osteofiti che limitano l’escursione articolare
Osteotomie di riallineamento, nei casi in cui un evento traumatico sia esitato con un allineamento in varo o in valgo della caviglia
Artrodesi, rappresentano il goldstandard del trattamento, cioè la rimozione completa delle cartilagini e la fusione in posizione corretta dei capi articolari.
Il tasso di successo è altissimo, e la limitazione articolare è compensata dalla flessibilità delle articolazioni vicine, tanto da poter riprendere anche l’attività sportiva.
Protesizzazione. Sebbene le protesi di nuova generazione abbiano migliorato notevolmente i risultati, bisogna sempre considerare almeno il trenta per cento di probabilità che l’impianto fallisca, specie dopo i primi tre anni.
Bisogna che il paziente sia consapevole che in tal caso il successivo intervento di artrodesizzazione sarà molto complesso a causa della grande perdita di osso legata alla ampia resezione ossea necessaria per far spazio alla protesi , e si dovrà ricorrere a trapianti scheletrici importanti per colmare queste lacune, non sempre con esiti funzionali favorevoli.